L’aggregazione di una particolare proteina – un meccanismo simile a quello che provoca diverse malattie neurodegenerative come Alzheimer e Parkinson – potrebbe essere alla base della condizione di scompenso cardiaco. Ma un composto naturale presente nel tè verde potrebbe rivelarsi un prezioso ingrediente per lo sviluppo di nuove terapie
Alla base dell’insufficienza cardiaca potrebbe esserci un meccanismo simile a quello che provoca malattie neurodegenerative come l’Alzheimer o il Parkinson: l’accumulo di aggregati di una particolare proteina. Lo rivela uno studio realizzato da un team di ricerca internazionale e pubblicato su Circulation Research .
La proteina in questione si chiama desmina e si accumula in ammassi chiamati aggregati amiloidi. Nei cuori affetti da insufficienza cardiaca, i ricercatori ne hanno rilevata una quantità doppia rispetto a quella presente nei cuori sani, tanto in modelli animali che nei pazienti umani. “Ancora non è chiaro perché questi aggregati amiloidi si sviluppino – spiega Giulio Agnetti, ricercatore che si divide tra l’Università di Bologna e la Johns Hopkins University e che ha coordinato lo studio – ma poterli rilevare e caratterizzare potrebbe essere di grande aiuto sia per controllare l’evoluzione della patologia che per pensare a terapie mirate”. E per quanto riguarda le terapie c’è già una prima ipotesi, che coinvolge il tè verde.

COS’È L’INSUFFICIENZA CARDIACA

L’insufficienza cardiaca è una condizione che porta il cuore a pompare una quantità di sangue insufficiente rispetto a quella di cui l’organismo avrebbe bisogno. Le persone che ne soffrono sono affette da affaticamento, mancanza di respiro, aritmie, vertigini. Nella fase finale del decorso clinico, le opzioni terapeutiche si limitano principalmente al trapianto di cuore. Si stima che in Europa i cittadini che soffrono di insufficienza cardiaca siano circa 14 milioni, di cui 3 milioni in Italia.
Il gruppo di ricerca coinvolto nello studio ha investigato un nuovo meccanismo molecolare che potrebbe essere alla base di questa particolare condizione, con l’obiettivo di ottenere informazioni utili per sviluppare nuovi metodi diagnostici e possibili terapie.

IL RUOLO DELLA DESMINA

Già in un precedente studio sullo stesso tema i ricercatori avevano messo in luce il comportamento di una particolare proteina – la desmina – che tende ad accumularsi nel cuore in ammassi detti amiloidi. “La desmina – dice Giulio Agnetti – è una proteina che si trova nel citoscheletro, il sistema di strutture che costituisce l’impalcatura della cellula. In particolare, si trova nella componente del citoscheletro nota come filamenti intermedi”.
I filamenti intermedi hanno un ruolo importante nel fornire un sostegno strutturale alle cellule e nel proteggerle dallo stress meccanico a cui sono sottoposte. E la desmina è un componente fondamentale delle cellule muscolari. Non stupisce, quindi, che in un muscolo sottoposto a stress continuo come il cuore la quantità di desmina presente sia naturalmente elevata. Il problema sorge quando questa proteina inizia ad accumularsi all’interno del muscolo cardiaco formando ammassi che finiscono per ostacolarne il corretto funzionamento.
I ricercatori hanno analizzato campioni di tessuto cardiaco sia di pazienti affetti da insufficienza cardiaca che di pazienti sani. Per farlo hanno utilizzato una tecnica simile a quella usata negli studi sull’Alzheimer, in grado di evidenziare la presenza di ammassi amiloidi. E hanno mostrato come questi ammassi siano presenti in quantità doppia nel cuore dei pazienti con insufficienza cardiaca.

UNA TERAPIA DAL TÈ VERDE?

Una volta confermato il ruolo dell’accumulo di desmina per l’insorgere della condizione di insufficienza cardiaca, il gruppo di ricerca ha iniziato ad ipotizzare possibili terapie, cercando sostanze in grado di combattere la formazione di ammassi amiloidi nel cuore. In particolare, hanno rivolto la loro attenzione verso l’epigallocatechina gallato (EGCG): una molecola naturale che si trova in abbondanza nel tè e soprattutto nel tè verde.
“È interessante notare – spiega Giulio Agnetti – che il tè verde è già noto per la sua capacità sia di ridurre l’incidenza di malattie cardiovascolari sia di frenare il declino cognitivo causato dall’Alzheimer: ancora però non sappiamo quale sia il meccanismo alla base di queste proprieta’”.
Il ruolo di questa sostanza nella lotta contro l’insufficienza cardiaca è però promettente. Trattando con epigallocatechina gallato estratti di tessuto cardiaco prelevati da topi malati, i ricercatori hanno notato che la quantità di ammassi amiloidi di desmina viene dimezzata.

“La capacità dell’epigallocatechina gallato di ‘dissolvere’ questi ammassi – dice ancora Giulio Agnetti – potrebbe essere collegata agli effetti benefici del tè verde. Scoprire in che modo questa sostanza interagisce con gli aggregati potrebbe aprire nuove prospettive per creare farmaci in grado di colpire la formazione di ammassi di proteine”.
I PROTAGONISTI DELLO STUDIO La ricerca è stata pubblicata sulla rivista Circulation Research con il titolo “Desmin Phosphorylation Triggers Preamyloid Oligomers Formation and Myocyte Dysfunction in Acquired Heart Failure”. Coordinatore dello studio è Giulio Agnetti, docente al Dipartimento di Scienze Biomediche e Neuromotorie dell’Università di Bologna e alla Johns Hopkins School of Medicine.

Insieme al professor Agnetti ha lavorato un team internazionale di ricercatori in arrivo da Johns Hopkins University, Cedars-Sinai Medical Center (Beverly-Hills), University of California Irvine, Medical University of Graz, Università di Bologna, Università di Perugia e Università di Torino.
“Lo studio non sarebbe stato possibile senza il sostegno dei colleghi del Dipartimento di Scienze Biomediche e Neuromotirie (DIBINEM) dell’Alma Mater e dei Direttori Lucia Manzoli e Raffaele Lodi”, conclude Giulio Agnetti. “Uno speciale ringraziamento al Rettore Francesco Ubertini e al Prorettore Vicario Mirko degli Esposti per aver sostenuto lo sviluppo del nostro programma di ricerca internazionale. Infine, un ringraziamento particolare al Professor Claudio Marcello Caldarera, fondatore dell’Istituto Nazionale per le Ricerche Cardiovascolari, che ha dedicato la sua vita accademica alla promozione della ricerca cardiaca di base nel nostro Ateneo e sul territorio nazionale”.

Fonte: UniboMagazine